Canella Costantino

Canella Costantino [Verona 1810 - Verona 1882].

 

Dopo essersi iscritto all’Università di Pavia, dove frequentò la facoltà di medicina, strinse rapporti con i rivoluzionari protagonisti dei moti modenesi e bolognesi. Proprio per questa sua attività cospirativa venne espulso dall’ateneo pavese e fu così costretto a rientrare a Verona, dove venne arruolato forzatamente in un reggimento di soldati semplici – i ‘perlustrati’, com’erano definiti dal comando austriaco – tenuti costantemente sotto osservazione. Ebbe però la ventura di incontrare un funzionario divenutogli amico che si adoperò per trasferirlo nel corpo sanitario militare a Palmanova. Dopo essere giunto nella cittadina friulana però contrasse una malattia abbastanza grave che gli permise di ottenere un certificato con il quale lo si dichiarava «inetto a proseguire il servizio». Una volta congedato, e sostanzialmente riabilitato, poté terminare gli studi laureandosi in medicina nel corso del 1834. In seguito esercitò a Bussolengo, poi a Cologna Veneta e, infine, dal 1837, a Legnago in qualità di medico chirurgo primario.

Proprio nella fortezza legnaghese organizzò un vero e proprio comitato clandestino di liberazione il quale, tra la fine di marzo e l’inizio di aprile del 1848, per quindici giorni, riuscì a prendere possesso della piazzaforte prima dell’invio, da parte di Radetzky, di un contingente di soldati croati che riportarono Legnago sotto il controllo imperiale. Canella, assieme ad altri, riuscì a fuggire, e da quel momento ebbe un ruolo non secondario nelle operazioni della prima guerra d’indipendenza, in continuo contatto con l’esercito sabaudo con il quale combatté a Novara. Nel 1853 ebbe il ruolo di medico onorario del principe Ferdinando Duca di Genova e raggiunse il grado di tenente colonnello. In seguito partecipò anche alla campagna militare del 1859, si guadagnò il grado di maggiore ed ottenne l’importante onorificenza di casa Savoia dei Santi Maurizio e Lazzaro. Dopo aver più volte cambiato domicilio ritornò a Verona, dove fu presidente dell’Associazione Reduci d’Italia e dove visse fino all’anno della sua morte.