‘Verona dagli Asburgo al regno d’Italia’
Una mostra a cura della Direzione Musei e Monumenti del Comune di Verona
Verona, Arsenale
14 maggio 2011 – 11 settembre 2011
Il Museo del Risorgimento di Verona, inaugurato a palazzo Forti nel 1938 dal ministro Giuseppe Bottai, venne chiuso nelle ristrettezze economiche del dopoguerra. Nel 1953, in occasione del centenario della morte del patriota mazziniano Carlo Montanari, la città partecipò ad un nuovo taglio del nastro. Ma anche stavolta la durata fu effimera. Il cantiere di restauro del Museo, iniziato nel 1958, lento e faticoso, giunse a termine il 16 ottobre 1966, con perfetto tempismo sul giorno dell’anniversario dell’annessione di Verona al Regno d’Italia. L’entusiasmo del centenario esaurì la sua carica già nei primi anni Settanta, quando il Museo chiuse definitivamente, per lasciare progressivamente sempre più spazio alla Galleria d’Arte Moderna.
Il Museo del Risorgimento torna adesso nella forma più misurata e realistica della mostra per commemorare il 150° anno dell’unità d’Italia. Le raccolte, del resto, si formarono dall’origine con documenti ufficiali e cimeli dei reduci locali, anche per essere reliquie da esibire nelle liturgie ufficiali della patria. Senza paura di inciampare nella retorica e, considerati i tempi, senza il timore delle critiche alla retorica del patriottismo. La mostra, dunque, corre consapevolmente qualche rischio con l’obiettivo di dimostrare il valore insostituibile delle collezioni civiche risorgimentali nel narrare anzitutto un pezzo importante della storia di Verona, che, solo secondariamente, diventa storia del Risorgimento.
L’esposizione avrà luogo nella sede dell’ex Arsenale austriaco, una delle architetture militari più importanti della città asburgica, le cui murature alternano il cotto e la pietra come le mura medievali scaligere, in perfetta sintonia con la tradizione urbana. Questa sede è testimone della città dell’impero di Francesco I e di Francesco Giuseppe, il periodo da cui la mostra inizia il suo percorso. Un itinerario pensato per essere al contempo didattico e divertente, come un racconto illustrato, controllato nei contenuti e, tuttavia, didascalico, corredato da apparati video, da installazioni accattivanti, da sequenze fotografiche per accompagnare il visitatore in modo piacevole e sorprendente.
La prima sezione è giocata sull’icona della principessa Sissi, Elisabetta Amalia di Baviera, documentando il suo passaggio a Verona, quale simbolo della corte asburgica dell’immaginario, dei palazzi festosi e dei valzer. L’Austria elegante e sontuosa che, forse, la città respirò al tempo del Congresso di Verona nel 1822, quando fu ospitato anche lo zar di Russia a Palazzo Canossa. Il contraltare alla corte del sogno è la città-fortezza del quadrilatero (Verona, Mantova, Peschiera e Legnago), il sistema difensivo del fedelmaresciallo Radetsky, l’Austria oppressiva e dei controlli. Un’Austria dei divieti e del regime, testimoniata da stampe, fotografie, proclami, avvisi, e da armi bianche e da fuoco. Questo volto oppressivo alimentò un sentimento antiasburgico.
Il 1848 fu cruciale perché molti veronesi sostennero le iniziative del papa Pio IX, sognando di essere liberati dalla sua discesa nella contesa. Personaggi radicati nella storia veronese, come Aleardo Aleardi, Francesco Betteloni, Caterina Bon Brenzoni dedicarono delle poesie al papa come angelo liberatore. Le memorie di questo fervore e della delusione provata quando Pio IX non corrispose alle attese, prepararono il terreno dell’impegno più laico di Carlo Montanari e dei suoi compagni. Le fonti in mostra restituiscono la vita di Montanari, aristocratico e architetto, con i suoi progetti per chiese e palazzi, e la sua adesione coraggiosa alle idee di Giuseppe Mazzini, fino alla condanna a morte a Belfiore.
Una sezione speciale riguarda l’impresa dei Mille. I veronesi che s’imbarcarono con Giuseppe Garibaldi furono sedici: Alessandro Barbesi, Antonio Bellini, Pietro Fiorentini, Pietro Pirolli e Cesare Zoppi di Verona, Gerolamo Barbieri da Bussolengo, Giovanni Battista Bisi e Giovanni Battista Fantoni da Legnago, Antonio Butturini da Pescantina, Silvio Contro da Cologna, Santi Cengiarotti da Caldiero, Cesare De Paoli da Parona, Giuseppe Flessati da Cerea, Luigi Prina e Luigi Zanini da Villafranca, Antonio Silotto da Porto di Legnago. I loro cimeli e quelli dei garibaldini coinvolti nel Corpo dei volontari nel 1866 furono accolti nelle collezioni civiche con la sacralità dovuta agli eroi: il fucile di Pirolli, le medaglie di Zoppi, la divisa rossa di Ludovico Salomoni. Alcune reliquie di Garibaldi sono eccentriche, come un ciuffo di capelli conservato in una teca e il menù del pranzo consumato all’Hotel Due Torri nel 1867, quando venne in visita ufficiale. Questa sezione propone anche uno dei dipinti più importanti dell’esibizione, un delizioso acquerello su cartoncino di Domenico Induno che raffigura una ragazza intenta a pulire una fotografia dell’eroe genovese. Altre opere pittoriche in mostra sono il quadro Grandi manovre di Giovanni Fattori, due vedute di Verona di Carlo Ferrari e la Fucilazione di Luigi Lenotti del 1860 di Pino Casarini.
C’è poi il quadro storico di Pietro Rossi, L’uccisione di Carlotta Aschieri il 6 ottobre 1866. Ultimo ricordo d’Austria, che caratterizza emotivamente la sezione conclusiva sulla liberazione di Verona dagli Austriaci, in combinazione con il tavolino originale del bar Zampi di piazza Bra su cui Carlotta, giovane e incinta, cadde uccisa da una baionetta austriaca. Il racconto degli ultimi giorni del dominio asburgico procede tra avvisi del podestà italiano Edoardo De Betta e del comandante austriaco Federico Jakobs in un crescendo drammatico chiuso dalla proclamazione della liberazione e dai documenti sul plebiscito di annessione al Regno d’Italia. Tra i pezzi finali della mostra ci sono la fascia tricolore del primo sindaco scaligero, lo stesso Edoardo De Betta, e le divise della prima legione della Guardia Nazionale di Verona.
Alla mostra forniscono un contributo anche il Museo di Storia Naturale di Verona, la Biblioteca Civica di Verona e il Museo Fioroni di Legnago. Il primo per documentare la campagna archeologica condotta a Peschiera dall’esercito austriaco allo scopo di scavare un villaggio dell’età del Bronzo. La Biblioteca per integrare le testimonianze di proprietà comunale prestando le mappe delle fortezze e alcune lettere di Aleardi.
Il Museo Fioroni di Legnago, erede della straordinaria casa-museo di Maria Fioroni, allestita anch’essa in epoca fascista come il museo cittadino, mette a disposizione una bandiera italiana cucita a mano dai Legnaghesi nel 1865, oltre ad altri oggetti curiosi, tra cui un’ulteriore reliquia, la teca con il calco funebre del volto di Giuseppe Mazzini, impressionante, ma emblematica del sentimento ottocentesco per la religione della patria.